Species of Spaces

(Friday) (Tuesday)

Rendendo omaggio a un grande scrittore francese, George Perec, la mostra Species of Spaces si concentra sullo spazio come elemento in grado di forgiare la relazione tra il sé e l’altro così come quella tra il sé e il soggetto stesso. Sfruttando la distanza tra il medium fotografico e quello pittorico, i lavori di Colin Dutton e Andreas Fischbach ci mettono di fronte a due visioni dello spazio molto differenti, coinvolgendo lo spettatore in una sorta di volo di Icaro in grado di far presa sul corpo tanto quanto sullo sguardo.
 

Interessato a quelle “macchine” globali poste a servizio del nostro stile di vita contemporaneo, Dutton realizza grandi collages fotografici mettendo insieme diversi frammenti di immagini satellitari. La serie Co-ordinates è il risultato dell’assemblaggio dai 100 ai 3.000 singoli pezzi rappresentanti, tra le altre cose, varie città del mondo, container di merci, centrali elettriche, acciaierie e campi profughi.

Adottando una visione panottica sulla realtà in grado di elevare lo sguardo dello spettatore a livello di un “occhio solare che guarda verso il basso come un Dio”, Dutton realizza dei veri e propri paesaggi sospesi che ci parlano di un’umanità pur tuttavia assente, nascosta nei sottili interstizi tra un frammento e un altro. È una sorta di fiction visuale cui queste immagini sembrano dare luogo, un’illusione prospettica in cui differenze e singolarità vengono meno, lasciando lo spettatore libero di abbandonarsi al piacere di “vedere l’insieme”. Ispirato dall’estetica delle immagini satellitari, entrate a far parte solo di recente della nostra cultura visuale, l’artista si rivolge ai “non luoghi” della modernità attraverso lo stesso approccio distaccato di un architetto o un urbanista.

Con un occhio particolare rivolto al dettaglio, Dutton dà vita a dei veri e propri mosaici della contemporaneità, in cui il carattere astratto e artificiale del punto di vista è abilmente compensato dalle esperienze e pre-conoscenze dello spettatore che fungono da sorta di pezzo mancante di quella che sembra essere, ma forse solo in parte, una rappresentazione eccessivamente falsata della nostra realtà.


Rispetto alla prima, la serie pittorica di Andreas Fischbach, Meccanismo d’informazioni, riporta lo sguardo dello spettatore a un livello più “umano”. Dell’istallazione fanno parte tre ritratti raffiguranti individui differenti e provenienti da tre paesi diversi. A ognuno di essi è associata un’istallazione video che riporta una serie di dati statistici riguardanti le condizioni economiche, politiche e demografiche del corrispettivo paese di provenienza. A completare l’insieme, una grande mappa del mondo posta sulla parete di mezzo mostra la superficie dei tre paesi di riferimento evidenziata in rosso. Attraverso il dialogo tra media differenti, l’istallazione dell’artista di origini svizzere vuole essere una riflessione su come l’enorme quantità d’informazioni su altri paesi che riceviamo ogni giorno dai mass media, tenda a influenzare la

nostra personale rappresentazione della realtà. Utilizzando l’espediente dell’incontro fortuito tra lo spettatore e il soggetto ritratto, l’artista ci invita a riflettere su quanto, di fatto, questo sovraccarico d’informazioni “scientifiche” arrivi a influenzare non soltanto la nostra personale percezione dell’altro ma anche la nostra maniera di relazionarci ad esso.
 

Lasciato solo a confrontarsi con due modalità molto diverse di intendere la relazione tra uomo e spazio, allo spettatore non resta altro che cercare in sé la risposta a quello che si rivela essere un tutt’altro che banale interrogativo: quale tra questi due punti di vista è, in effetti, il più ingannevole?

Luisa Catucci Gallery
Allerstr. 38
12049 Berlin
Germany
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http://www.luisacatucci.com

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Species of Spaces Luisa Catucci Gallery Main address: Luisa Catucci Gallery Allerstr. 38 12049 Berlin, Germany Luisa Catucci Gallery Allerstr. 38 12049 Berlin, Germany

Rendendo omaggio a un grande scrittore francese, George Perec, la mostra Species of Spaces si concentra sullo spazio come elemento in grado di forgiare la relazione tra il sé e l’altro così come quella tra il sé e il soggetto stesso. Sfruttando la distanza tra il medium fotografico e quello pittorico, i lavori di Colin Dutton e Andreas Fischbach ci mettono di fronte a due visioni dello spazio molto differenti, coinvolgendo lo spettatore in una sorta di volo di Icaro in grado di far presa sul corpo tanto quanto sullo sguardo.
 

Interessato a quelle “macchine” globali poste a servizio del nostro stile di vita contemporaneo, Dutton realizza grandi collages fotografici mettendo insieme diversi frammenti di immagini satellitari. La serie Co-ordinates è il risultato dell’assemblaggio dai 100 ai 3.000 singoli pezzi rappresentanti, tra le altre cose, varie città del mondo, container di merci, centrali elettriche, acciaierie e campi profughi.

Adottando una visione panottica sulla realtà in grado di elevare lo sguardo dello spettatore a livello di un “occhio solare che guarda verso il basso come un Dio”, Dutton realizza dei veri e propri paesaggi sospesi che ci parlano di un’umanità pur tuttavia assente, nascosta nei sottili interstizi tra un frammento e un altro. È una sorta di fiction visuale cui queste immagini sembrano dare luogo, un’illusione prospettica in cui differenze e singolarità vengono meno, lasciando lo spettatore libero di abbandonarsi al piacere di “vedere l’insieme”. Ispirato dall’estetica delle immagini satellitari, entrate a far parte solo di recente della nostra cultura visuale, l’artista si rivolge ai “non luoghi” della modernità attraverso lo stesso approccio distaccato di un architetto o un urbanista.

Con un occhio particolare rivolto al dettaglio, Dutton dà vita a dei veri e propri mosaici della contemporaneità, in cui il carattere astratto e artificiale del punto di vista è abilmente compensato dalle esperienze e pre-conoscenze dello spettatore che fungono da sorta di pezzo mancante di quella che sembra essere, ma forse solo in parte, una rappresentazione eccessivamente falsata della nostra realtà.


Rispetto alla prima, la serie pittorica di Andreas Fischbach, Meccanismo d’informazioni, riporta lo sguardo dello spettatore a un livello più “umano”. Dell’istallazione fanno parte tre ritratti raffiguranti individui differenti e provenienti da tre paesi diversi. A ognuno di essi è associata un’istallazione video che riporta una serie di dati statistici riguardanti le condizioni economiche, politiche e demografiche del corrispettivo paese di provenienza. A completare l’insieme, una grande mappa del mondo posta sulla parete di mezzo mostra la superficie dei tre paesi di riferimento evidenziata in rosso. Attraverso il dialogo tra media differenti, l’istallazione dell’artista di origini svizzere vuole essere una riflessione su come l’enorme quantità d’informazioni su altri paesi che riceviamo ogni giorno dai mass media, tenda a influenzare la

nostra personale rappresentazione della realtà. Utilizzando l’espediente dell’incontro fortuito tra lo spettatore e il soggetto ritratto, l’artista ci invita a riflettere su quanto, di fatto, questo sovraccarico d’informazioni “scientifiche” arrivi a influenzare non soltanto la nostra personale percezione dell’altro ma anche la nostra maniera di relazionarci ad esso.
 

Lasciato solo a confrontarsi con due modalità molto diverse di intendere la relazione tra uomo e spazio, allo spettatore non resta altro che cercare in sé la risposta a quello che si rivela essere un tutt’altro che banale interrogativo: quale tra questi due punti di vista è, in effetti, il più ingannevole?

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